San Luca

Padola (Bl), 2009

In collaborazione con Franco Fiabane

Madonna della Difesa

Cortina d'Ampezzo (Bl), 2009

“…Il progetto di adeguamento del presbiterio ha un duplice scopo: consentire un agevole svolgimento dei riti e mettere in evidenza i tre “luoghi” eminenti del presbiterio stesso che sono l’altare, l’ambone e la sede del presidente…”

“…Poiché l’adeguamento liturgico del presbiterio può incontrare ostacolo nella presenza delle balaustre, non deve essere esclusa, soprattutto per le chiese parrocchiali, l’eventualità o la necessità della loro rimozione.”

Per brevità ci soffermiamo su tre poli: l’altare, l’ambone ed il battistero


L’altare

Il nuovo altare evoca la duplice dimensione di ara del sacrificio e mensa del convito pasquale. Scegliamo una foggia rettangolare allungata, una tavola i cui sostegni divengono appoggi piuttosto massicci, compatti sui lati. In tal modo, a chi guarda l’altare dai fianchi o da tre quarti, restituiamo anche l’immagine solida e compatta dell’ara sacrificale

L’archetipo che ci ha suggestionato è il trilite, tre pietre, due sostegni laterali distanziati ed una pietra orizzontale: il primo sistema strutturale portante della storia, la cui massima espressione non a caso sarà il tempio. Come il tempio è luogo preferenziale ove la divinità si rende vicina all’uomo, così il trilite si pone come archetipo della porta nella sua accezione più nobile.

In effetti ciò che accade in corrispondenza dell’altare è un avvenimento misterioso, che mette in comunicazione l’altro con questo mondo, trasformando in soglia questo polo liturgico. L’altare è il luogo ove il Verbo si fa carne e viene ad abitare in mezzo a noi.

Da questa soglia dunque ci viene incontro Cristo, crocifisso e risorto, scolpito in un blocco di calcare bianco nell’atto di lasciare la croce per abbracciarci.


L’ambone

L’ambone è collocato in prossimità dell’assemblea. Esso si avvicina ai fedeli, occupando l’ultimo gradino, in modo da costituire una sorta di cerniera tra il presbiterio e la navata.

La forma dell’ambone è correlata a quella dell’altare: un prisma realizzato in legno di noce anticato (come l’altare ed il coro esistente), il cui fronte ripiega su se stesso lasciando emergere un gruppo scultoreo in pietra chiara dello stesso litotipo dell’altare,

Scegliamo di raffigurare Cristo sul monte delle beatitudini.

Il soggetto è costruito su uno schema piramidale, al cui vertice sta Gesù. Sotto in luogo della folla, la famiglia contemporanea, ricca della presenza di molti bambini. Gesù non è isolato dalle persone, come si riscontra in gran parte dell’iconografia classica, ma viene raffigurato ad esse unito, compagnia concreta.


Il battistero

Quanto la tradizione figurativa trasmette ai posteri, sopratutto se la sua fattura è bella, va sempre conservato. Giò Ponti nel suo bel libro “La casa all’italiana” si raccomanda di conservare i bei mobili antichi, senza aver paura di collocarli in un contesto moderno. Da esso verranno esaltati.

Così proviamo a fare noi, nella Chiesa, che dell’uomo è dimora per eccellenza. Trasportiamo l’antico fonte in pietra togliendolo dall’isolamento della sua nicchia per restituirlo alla gente, nell’ampiezza di uno dei due grandi vani laterali all’assemblea. Gli disegnamo attorno un piedistallo moderno, silenzioso e pulito, come un’onda che batte la risacca sulla spiaggia, per ricordare che solo l’acqua che Gesù offre può colmare la sete di infinito nel cuore di ogni uomo.

Santa Maria Immacolata

Belluno, 2008

In collaborazione con Franco Fiabane

Santo Nome di Maria

Azzano (Vr), 2007

In collaborazione con Anna Boranga e Americo Mazzotta

San Pio X

Marghera (Ve), 2006

Progettare è cercare di stabilire un dialogo con Lui, o meglio renderci disponibili ai Suoi suggerimenti. Questo dialogo si fa ancor più interessante quando abbiamo meno da inventare ed interveniamo su edifici esistenti, cercando di renderli adeguati alla attuale liturgia e quindi più belli.

Nel “manifesto per costruire la nuova città” Renzo Piano scrive che il punto oggi è riqualificare la periferia degradata più che cercare nuove aree edificabili.

Il pensiero è applicabile a maggior ragione per le chiese della periferia, quelle costruite negli anni ’50/60/70, che si trovano ad ospitare oggi comunità numerose, ma sembrano “autorimesse per anime”, come scrive un noto intellettuale italiano.

La chiesa parrocchiale di Marghera, realizzata nel 1964 e consacrata dal patriarca Albino Luciani è dedicata a S. Pio X. Il quartiere di Marghera è nato come dormitorio per lavoratori, nato in un deserto di cemento e ciminiere della Montedison.

Noi volevamo usare questa occasione per dire al Signore “grazie per la bellezza che ci offri nella natura”. Lo abbiamo fatto reinterpretando il cantico dei 3 giovani ebrei, Anania, Azaria e Misaele, che nella fornace, quindi nel luogo meno adeguato, hanno fatto salire al cielo la loro lode a Dio. Il cantico è diventato una teoria di vetrate che abbraccia l’aula opera dell’artista Anna Boranga. Il lavoro è frutto di un dialogo serrato tra noi e lei, nel confronto coi testi sacri, ai quali cerchiamo di non aggiungere nulla.

Pensiamo sia evidente attraverso questo esempio come si possa utilizzare un linguaggio astratto senza perdere la comprensibilità del messaggio.

Dovevamo pensare anche all’altare, all’ambone , al nuovo fonte ed alla posizione dei poli nel tempio. E poi abbiamo raccontato la storia di Pio X e don Orione, un’amicizia profonda vissuta alla luce di Cristo, attraverso i meravigliosi affreschi di Americo Mazzotta. La chiesa è tornata ad essere Biblia Pauperum.

Ma questo non ci bastava.

Volevamo anche dire “grazie Signore per aver introdotto un tempo divino, la liturgia, nel ciclo naturale delle stagioni, che ultimamente finisce in cenere”.

Un sistema di pannelli intercambiabili raccontano e ricordano alla gente, ormai definita dai ritmi assillanti ed oppressivi della modernità che c’è come un metronomo, il cui ritmo è tarato sulle grandi tappe della vita di Gesù. Questo disegno è stato realizzato da don Lucio Guizzo, il prete che mi ha sposato e che ci ha insegnato la Bellezza dell’arte e delle cose buone che la vita offre, accompagnandoci a gustarle. Potremmo dire che guardando Lui abbiamo imparato lo stupore, fonte unica delle nostre opere più riuscite.

In collaborazione con Anna Boranga, Americo Mazzotta, don Lucio Guizzo e Gianni Aricò

Santa Maria Assunta

Tessera (Ve), 2006

In alcune omelie Giovanni Paolo II ricorda come la storia umana della Madonna trovi compimento nell’abbraccio accogliente e carnale di suo Figlio, che la attende in cielo.

L’Assunta è una festa del popolo perché ciò che accade a Maria non è altro che il paradigma del destino buono che il Signore riserva ad ognuno di noi al termine del cammino.

Cosi tutto il progetto è stato improntato a restituire all’interno dell’aula quel clima di festa che è proprio di questa ricorrenza.

Inevitabile e chiaro il riferimento per la definizione del grande fondale alla grande tradizione iconografica veneziana, che trova nell’Assunta del Tiziano uno dei vertici massimi. Si cerca invece altra ispirazione nel ‘900, attingendo dalla corrente futurista, per definire il disegno planimetrico dell’aula.

Ci accorgiamo che si tratta di una provocazione e un arricchimento ad un tempo.

Abbiamo sperimentato più volte che non esiste espressione autenticamente umana da cui non si possano trarre spunti interessanti.

Il ‘900 lo abbiamo emarginato e ideologizzato troppo velocemente.

Noi vorremmo recuperare tutto il positivo che c’è nell’arte contemporanea, quella dell’avanguardia, a volte solo apparentemente distante dalla tradizione cristiana, in verità molto spesso carica di quelle domande di significato che portano l’uomo sulla soglia.

Tocca poi ad un Altro farlo entrare.

Noi vorremmo solo valorizzare quella domanda e le forme con cui si è espressa.

In collaborazione con Franco Fiabane

Basilica Cattedrale

Belluno, 2005

Inserendosi in un contesto fortemente storicizzato, questa proposta prevede l’attuazione di un intervento di carattere reversibile.

Si tratta in sintesi di lavorare partendo dal disegno di una pedana lignea dai cui bordi “sorgono” altare, ambone e sede.

La scelta di lavorare sui limiti nasce dall’esigenza di conciliare due temi:

1. il rispetto visivo per le due opere d’arte sul fondale (Polittico di San Martino e predella trecentesca dell’annunciazione) tra le più rappresentative del capoluogo.

2. la possibilità di vedere il celebrante da ogni punto della cappella, caratterizzata dalla invadente presenza lungo l’asse di mezzeria longitudinale dell’aula di tre colonne quadrilobate.

Il tabernacolo dovrebbe essere posizionato sull’altare sottostante il polittico, caratterizzato da un disegno essenziale e dimensionato in modo da fungere da cerniera tra altare e polittico senza disturbare la percezione di entrambi.

Rimane in sospeso il tema della croce che forse, in questo caso, potrebbe trovare posto sull’altare con dimensioni ad esso commisurate.

La querelle di questa proposta è legata all’atteggiamento prima dubbioso poi favorevole, infine di sospensione di giudizio circa una soluzione da adottare.

Attualmente, pur restaurata, la cripta rimane nel presbiterio dotata di altare mobile in ferro di pessima fattura assimilabile ad un leggio e di sedia del tipo “curule” mobile con struttura metallica e seduta in stoffa. Questo nonostante il fatto che la cripta venga continuamente richiesta per celebrarvi matrimoni, sfruttata nel periodo invernale per le celebrazioni feriali, utilizzata per predicare gli esercizi in periodo pasquale.